Un disagio solo cattolico?
Un diffuso malessere
Davanti all’impegno civico, morale ed anche religioso del voto elettorale alle prossime elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013 molti cattolici provano sentimenti di confusione e di sconforto. Mai come in queste elezioni l’elettore cattolico, consapevole della posta in gioco e desideroso di applicare gli insegnamenti della Chiesa, si è trovato smarrito davanti ad un quadro politico che non lo soddisfa e nel quale i principi che egli ritiene fondamentali rischiano di smarrirsi. Lo sconforto è un sentimento umano che in certe situazioni è comprensibile, ma che deve essere vinto dalla fede, dalla speranza e dalla carità cristiane. Vogliamo fare alcune considerazioni sia per prendere atto dei motivi profondi di questo sconforto, sia per indicare una ripresa da attuare a cominciare dal 26 febbraio prossimo.
Con l’inizio del governo tecnico presieduto da Mario Monti nel novembre 2011 poteva iniziare oggettivamente un periodo di decantazione politica. Poteva essere il momento giusto per iniziare un’opera di chiarimento dottrinale e di riorganizzazione pratica dentro il mondo cattolico, in modo tale da affrontare le successive elezioni politiche di fine legislatura con una prospettiva praticabile e non disorientante.
L’urgenza di un simile percorso era resa evidente da due dinamiche di ampia portata. Da un lato l’acutizzarsi della crisi finanziaria ed economica, che era all’origine del governo Monti stesso e della inusitata prassi istituzionale che lo aveva costituito, la quale richiedeva da parte della cultura cattolica che si rifà in modo convinto alla Dottrina sociale della Chiesa uno sforzo originale di riflessione. Dall’altro la chiara percezione, suffragata da ingenti pronunciamenti del Magistero, che la crisi era antropologica e richiedeva di insistere sulla centralità dei principi non negoziabili. Sul piano culturale era un’occasione molto opportuna per disporre una proposta culturale organica incentrata sui principi non negoziabili di cui bisognava dimostrare anche la capacità di illuminare gli aspetti di politica economica e sociale necessari per affrontare la grave emergenza della recessione e della disoccupazione.
Questo, purtroppo, non è stato fatto e tale carenza è all’origine del disorientamento e della delusione di molti cattolici.
Non sono mancati gli orientamenti del magistero
Bisogna chiedersi se siano mancati gli orientamenti magisteriali e di pensiero necessari a farlo, se siano mancate invece le occasioni, o se sia mancata la volontà. Bisogna riconoscere che non sono mancati né gli orientamenti magisteriali né le occasioni. Le occasioni sono state sprecate dentro logiche tattiche limitate.
Con la convocazione di Todi 1 (17 ottobre 2011) era iniziato, forse non nel migliore dei modi, ma era iniziato un percorso di riflessione, che è poi continuato con Todi 2 (21-22 ottobre 2012) ed infine si è concluso piuttosto miseramente con l’annullamento del previsto Todi 3. Le occasioni, come si vede, ci sono state.
Quanto al magistero, oltre al grandioso patrimonio del più recente magistero pontificio, in questa difficile fase non sono mancate le precise indicazioni del cardinale Bagnasco, presidente dei Vescovi italiani. Proprio a Todi 1 egli aveva tenuto un discorso formidabile che, anche da solo, avrebbe potuto costituire la base di partenza per un cammino comune di chiarimento finalizzato alle elezioni di fine legislatura.
Tra le altre cose il cardinale Bagnasco aveva detto che il bene comune non è un mucchio di valori e di principi senza un loro ordine intrinseco. Ce ne sono alcuni di primaria importanza, che servono a dare luce a tutti gli altri dato il loro carattere architettonico. Questi principi sono i cosiddetti “principi non negoziabili”. Bisogna riconoscere che questo importante discorso del Cardinale non è stato assunto come punto di partenza e di riferimento per il lavoro successivo e le stesse conclusioni di Todi 1 si sono concentrate sui problemi politici del momento, in particolare sul passaggio al nuovo governo tecnico. Un lavoro più approfondito è stato fatto a Todi 2, da cui era emerso il manifesto “Una buona politica per tornare a crescere” che aveva avuto importanti adesioni.
Ma a Todi 2 il quadro era già compromesso in quanto erano risultati evidenti due limiti, che poi emersero con sempre maggior forza man mano che la situazione politica declinava verso le elezioni. I cosiddetti principi non negoziabili non vennero assunti come “principi” ma come “valori” e collocati, quindi, in un paniere allo stesso titolo di altri valori da perseguire politicamente. In questo modo essi perdevano la loro capacità di illuminare l’intero progetto politico e, soprattutto, perdevano il loro valore discriminante e di demarcazione tra un impegno politico che si potesse chiamare cattolico e uno no, si riducevano a valori che potevano esserci o anche non esserci e che potevano essere combinati o scambiati con altri valori. Non essendo stato precisato il quadro teorico, mentre le tensioni politiche si facevano più aspre, anche il quadro delle adesioni al percorso di Todi cominciò ad incrinarsi, fino a dissolversi in prossimità di Todi 3.
Che le indicazioni magisteriali non siano mancate in questa fase che va dal giuramento del governo Monti alle elezioni di fine legislatura, nemmeno nella più recente fase preelettorale, è dimostrato dall’alto valore del discorso del Cardinale Bagnasco al Consiglio permanente della CEI del 28 gennaio 2013. Qui il cardinale non solo ribadisce la dottrina dei principi non negoziabili, ma ne propone anche una articolazione etico-politica molto utile a chiarire le urgenze del momento. Leggendo però questo discorso non si può evitare di notare la sua lontananza dalla concreta prassi di molti uomini politici cattolici, che ormai si erano allocati politicamente in modo anche decisamente difforme rispetto alle indicazioni del cardinale Bagnasco.
Comportamenti sorprendenti
Abbiamo assistito ad una vasta gamma di comportamenti sorprendenti: chi si è candidato in partiti che contengono nel loro programma punti indubbiamente lesivi della legge morale naturale e della stessa salvaguardia della identità della persona; chi ha utilizzato gli incontri di Todi per ritagliarsi una posizione politica personale; chi ha immediatamente messo da parte i principi non negoziabili non appena ha visto la possibilità di aggregarsi ad un contenitore ove erano presenti anche forze laiche o laiciste con cui bisognava combinarsi; chi ha iniziato una lotta contro altri cattolici presenti nel suo stesso partito; chi ha utilizzato l’appartenenza a movimenti ecclesiali per lanciarsi in politica dentro raggruppamenti che avrebbero portato avanti istanze contrarie all’ispirazione del movimento ecclesiale originario. Ne è conseguito un quadro disorientante e deludente.
Sul piano teorico c’è stato chi ha detto che i principi non negoziabili sono importanti ma non urgenti, chi ha affermato che essi non devono essere presenti in un programma di governo ma devono essere affrontati in Parlamento, chi ha negato che esista una “dottrina” dei principi non negoziabili, chi ha messo in dubbio che esista un elenco preciso di tali principi, chi ha continuato a chiamarli “valori”, chi ne ha aggiunto altri di proprio conio a quelli elencati da Benedetto XVI, chi ha sostenuto che essi limitano l’autonomia dei laici in politica e quindi sarebbero addirittura contrari al Vaticano II, chi ha detto che non rispettano la laicità della politica, chi ha detto che non esistono principi non negoziabili in quanto l’annuncio cristiano è da farsi sempre dentro una situazione, chi ha detto che al massimo essi servono ad una convergenza dei cattolici in Parlamento ma non sono discriminanti per la scelta del partito di appartenenza e così via.
Si sono ripercossi su questo tema i soliti grandi temi teologici che stanno dividendo da tempo il mondo cattolico, che il magistero pontificio ha già chiarito ma i cui chiarimenti stentano a filtrare nel corpo ecclesiale a causa di una sorda opposizione. Gli strumenti di informazione cattolica, come per esempio i Settimanali diocesani, hanno spesso dato voce a tutte le posizioni, oppure si sono astenuti limitandosi a sottolineare il dovere del voto o a chiedere “dialogo, condivisione e sobrietà” e in questo modo hanno accentuato il disorientamento dei fedeli.
Un grave pericolo
In questi ultimi mesi numerosi Stati si sono decisamente incamminati sulla strada di leggi tragicamente lesive della dignità della persona, del matrimonio e della famiglia. Il riconoscimento giuridico del “matrimonio omosessuale” è un fatto dirompente dato che apre alla possibilità della filiazione, non solo tramite adozione ma soprattutto tramite inseminazione artificiale. Coloro che usufruiranno di queste leggi saranno una minoranza ma il cambiamento culturale sarà travolgente: si va incontro al rischio di perdere il senso della paternità e della maternità e di considerare la filiazione un fatto tecnico che apre la strada a forme di violenza inaudita. Ebbene, mentre questa valanga travolgente si abbatte sulla natura umana, i cattolici italiani si sono divisi sulle tattiche di piccolo cabotaggio, hanno messo da parte le indicazioni del magistero, non hanno saputo individuare le vere emergenze e hanno escogitato i più sottili sofismi.
Esiste la concreta possibilità che nel prossimo Parlamento i cattolici siano pochi e divisi e che venga a mancare un pur piccolo nucleo che possa essere punto di riferimento riconoscibile per la difesa dei principi connessi con la natura umana. C’è la concreta possibilità che nel giro di pochi mesi, nella prossima legislatura, vengano approvate a raffica leggi che importino anche in Italia la devastata situazione dell’Inghilterra o della Francia: che il limite dei tre embrioni previsto dalla legge 40 venga sfondato, che diventi possibile divorziare con una mail; che la pillola abortiva RU486 sia data in mano alle ragazzine come l’aspirina; che un bimbo possa avere 6 genitori, che sia possibile partorire a pagamento per conto terzi, che il giudice decida di affidare un bimbo a due omosessuali e così via.
Serve un nuovo inizio
Difficile, davanti a questo quadro possibile, non parlare di grave inadeguatezza dei cattolici italiani in questa ultima fase della vita politica italiana.
Questa fase che doveva essere di decantazione della politica e avrebbe dovuto favorire un chiarimento e una convergenza dei cattolici è stata sprecata. Il disorientamento e la delusione esprimono la diffusa percezione di questa occasione perduta. Non rimane che pensare al 26 febbraio, il giorno dopo le elezioni. Bisognerà ricominciare a lavorare in un senso molto diverso. Per questo ci siamo attardati sull’analisi di questo ultimo periodo, perché possa scaturire dal 26 febbraio qualcosa di veramente nuovo. Il nostro Osservatorio è a disposizione a collaborare con chiunque voglia unirsi a noi in questo sforzo.
Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo di Trieste e presidente dell’Osservatorio “Cardinale Van Thuân”
(cfr. «La nuova bussola quotidiana», 20/2/2013)