Le verità che nessuno dice: i maestri dei diritti non discriminano nessuno. A parte i cattolici
Sono atei, ma vogliono che lo Stato li riconosca come religione. L’Uaar, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti, aveva chiesto tempo fa di avviare le trattative per essere riconosciuta come confessione religiosa. Ma la Presidenza del Consiglio ha respinto la richiesta.
Attualmente, infatti, i circa 4.000 uaarini nazionali sono disciplinati dall’art. 17 della Costituzione (associazione libera), ma non dall’art. 8 sulle religioni. Non possono quindi celebrare matrimoni, costruirsi luogo di culto e, soprattutto, raccogliere denaro come ente religioso. Un bel guaio, insomma, visto che fanno continue campagne contro l’8xmille alla Chiesa. Chissà che, dopo aver portato avanti per anni l’idea dello “sbattezzo”, non battezzino ora qualcuno in agnosticismo.
Lancia in resta, hanno impugnato il diniego e sono partiti per una nuova avventura ideologica. Risultato: il Consiglio di Stato e la Cassazione, contro l’iniziale sentenza del Tar, hanno dichiarato ammissibile la richiesta dell’Uaar. Si riparte perciò da capo e adesso le loro ragioni dovranno essere esaminate.
Se dovesse passare la richiesta, si arriverebbe all’assurdo di considerare religiosa un’associazione a-religiosa. E anche se lo scopo è chiaro (averne solo vantaggi economici e propagandistici), l’incoerenza è talmente evidente che non si capisce come un tribunale possa vagliarne l’ipotesi.
Un interrogativo che si pone anche Giuliano Amato: «Nulla di tutto questo vale per gli atei, che non sono uniti da una fede comune e possono essere non credenti ciascuno per le ragioni e con le motivazioni più diverse, che si affidano a un’etica e a una ragione frutto della loro coscienza e della loro meditazione individuale, che non hanno né luoghi né ministri di culto e neppure riti; a meno di non identificarli con le massonerie, che avevano ed hanno luoghi, ministri e riti. Ma una tale identificazione sarebbe davvero ingiusta ed impropria. Questo – sia chiaro – non significa che gli atei, se lo ritengono, non possano associarsi proprio in quanto atei […] E spero proprio che l’Uaar rappresenti – come mi pare – una minoranza davvero esigua dei non credenti in Italia».
E se da una parte si difendono i pari diritti (tra realtà diverse, ma tant’è), dall’altra si presentano situazioni paradossali: quelli di chi perseguita letteralmente la Chiesa. I toni non sono certo quelli scientifici e politicamente corretti che ci si aspetterebbe. La tolleranza e la libertà di espressione non sono nemmeno considerati. Eppure è proprio questa la comunicazione scelta in un volantino diffuso dai “Centri Sociali” presso il Polo Zanotto dell’Università di Verona: «L’unica chiesa che illumina è quella che brucia», afferma il volantino. Un comunicato aggressivo che se la prende con la “Marcia per la Vita” e l’ex-gay Luca Di Tolve, reo di aver abbandonato l’ideologia LGBT per costruirsi una famiglia tradizionale. La Marcia è invece definita “una medievale adunata clerico fascista”.
Lo scopo è quello di mobilitare una manifestazione (programmata per il 16 maggio alle ore 13 davanti all’Aula T3) per “rinfrescare la memoria sulle pesanti responsabilità di un’istituzione autoritaria, mafiosa, oppressiva, repressiva” e proporre una “società emancipata dai fanatismi e dai dogmi religiosi”. Certo libera dalla religione, ma non dall’odio. Purtroppo l’Università è sentita non come uno spazio di libera circolazione delle idee, ma come una roccaforte del pensiero anti-religioso laicista che non deve essere contaminata da valori cristiani. Brutto esempio di intolleranza.
(Tratto da www.nocristianofobia.org)