L’Arcivescovo ai giovani: «Siate sentinelle che non si scoraggiano di fronte alle difficoltà»

L'Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia con i giovani dell'UP 57 al Teatro Elios

Monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, mercoledì 1° giugno, al teatro Elios, ha incontrato i giovani della nostra Unità pastorale. L’incontro è stato l’ultimo di sessanta che hanno visto protagonisti il vescovo e i giovani. Mons. Nosiglia infatti, appena giunto a Torino, si era riproposto di incontrare loro per primi.

L’incontro è iniziato con un saluto rivolto all’arcivescovo da una ragazza, Paola, seguito da una proiezione in cui le parrochie della nostra unità pastorale – formata da Cambiano, Favari, La Longa, Marocchi, Moriondo, Poirino, Santena, Trofarello, Valle Sauglio e Villastellone – hanno sintetizzato il loro lavoro con alcune foto, come fosse un nostro album fotografico. Quindi è iniziato il momento di preghiera , in cui era compreso un commento del nostro vescovo.

Percorrendo le fasi della sua vita e prendendo spunto dalla lettura del Vangelo (Gv 1,35-41), mons. Nosiglia ha cercato di trasmettere ai giovani alcuni semplici messaggi per aiutarli a vivere al meglio una vita cristiana. Ispirandosi alla frase del vangelo letto – “Che cosa cercate?” – per prima cosa ha voluto sottolineare il fatto che anche i giovani, come i discepoli, devono continuamente cercare, non accontentarsi. Cercare un incontro vero con Gesù, nel suo Amore personale con ognuno di noi. E, come detto nel passo del vangelo “Venite e vedrete”, il Cristo è colui che, solo, ci dà certezze per il futuro. Futuro, che come dice il vescovo, è quello a cui devono guardare i giovani. Ultimo riferimento alla lettura è stato quello alla figura di Giovanni Battista, che ha aiutato i discepoli a riconoscere Gesù; allo stesso modo l’arcivescovo ci invita a non vivere una vita cristiana solitaria, ma a confrontarci con qualcuno, che ci aiuti nella Fede.

Quindi mons. Nosiglia ha cambiato l’impronta del suo discorso e ha tenuto come linea guida la vita di Giovanni Paolo II, papa che lui ha avuto la fortuna di conoscere e affiancare per tredici anni. Ripetendo un concetto forte di Wojtyla secondo il quale l’essere giovani non è solo una questione anagrafica, ma piuttosto una vocazione che ci spinge a mettere a disposizione le nostre doti per altri, ci ha chiesto dunque di non chiuderci nel nostro piccolo, nelle nostre parrocchie, ma bensì di aprirci e andare verso gli altri. La vita di Giovanni Paolo II è permeata da questo fare il primo passo, non stare chiuso ad aspettare che gli altri vengano a lui, ma andare lui dagli altri. Questa – secondo  Nosiglia – è una delle cose che dovremmo imparare dalla vita di questo beato.

Al termine dell’incontro i cento giovani hanno salutato il vescovo che li ha lasciati con l’augurio che possano essere come sentinelle del terzo millennio, invitandoli ad avere gli occhi rivolti verso il futuro, senza mai scoraggiarsi di fronte alle tante difficoltà, che non sono insormontabili.

Novella Tesio

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