Gli Alpini santenesi compiono 80 anni
Domenica 4 settembre il gruppo Alpini santenese ha compiuto 80 anni di fondazione. Nella Messa di sabato sera 3 settembre, si è pregato per gli Alpini vivi e defunti. Ecco l’omelia tenuta da don Mauro Grosso, vice parroco.
«Nessuno di noi è perfetto. Tutti quanti oscilliamo, nelle nostre relazioni, tra l’essere vittime e carnefici… Gesù, oggi, ci mostra l’atteggiamento di Dio Padre nei confronti di chi ferisce e di chi è ferito. Questo atteggiamento è il giusto mezzo tra il sopruso (l’azione di colui che ferisce, il carnefice) e la vendetta (desiderata da chi è ferito, da chi subisce, ovvero la vittima). Questo giusto mezzo si chiama “misericordia”. A dire il vero, noi ci aspetteremmo che si trattasse di “giustizia”, ma invece no: la vera giustizia è misericordia. Del resto, Dio non è sommamente giusto? Certo che sì! Ma è misericordiosamente giusto!
Infatti dobbiamo prestare molta attenzione a non confondere misericordia e faciloneria: Dio non si lascia fare fesso e proprio in questo è sommamente giusto; ma è giusto perché non lascia impunito il sopruso; essendo però allo stesso tempo misericordioso, perché cerca di tirare fuori tutto il bene che c’è in ciascuno, prima di trarre conclusioni sommarie. La nostra giustizia, invece, che è fatta proprio un po’ così – cioè taglia di netto e non va a scandagliare troppo –, è molto più simile alla vendetta, che non alla misericordia.
Gesù dunque ci invita a fare come il buon Dio, ad assumerlo come modello, nella correzione fraterna (cfr. Mt 18,15-20): a chi ti ha offeso, ferito, parla di persona e fagli presente l’accaduto; se non si ravvede, ripeti il tutto davanti a due o tre testimoni; se ancora non si ravvede, portalo davanti a tutta la comunità. Solo allora, se non si ravvede ancora, puoi considerarlo come un estraneo. Ma attenzione bene: puoi considerarlo come un estraneo perché egli lo vuole, non ravvedendosi, e non perché tu puoi così vendicarti di lui! Chi agisce male e non si ravvede sceglie il suo destino: non è la parte lesa a escluderlo…
Ecco confermata la parola dell’Antico Testamento, pronunziata per bocca del profeta Ezechiele (cfr. 33,1.7-9): tutti noi abbiamo il dovere grave di correggere il malvagio; se infatti egli muore per la sua iniquità, sarà chiesto a noi di renderne conto: non abbiamo fatto nulla perché i suoi errori non lo portassero alla morte! Queste parole sono oggi più che mai urgenti: chi si sporca le mani, chi si complica la vita per riprendere chi sbaglia? Chi rimprovera un ragazzino perché per strada spacca un vetro? Invece, se l’avremo fatto e il malvagio non cambia, allora è egli stesso responsabile di sé e delle conseguenze delle sue azioni…
Ecco la via verso la perfezione, che non abbiamo certo ancora raggiunto, ma verso la quale tendiamo e siamo protesi, pur non essendo nessuno ancora perfetto: la via dell’amore (cfr. Rom 13,8-10), la regola della felicità, della pienezza di vita che tutti vorremmo possedere: edificare una vita diversa, a partire dalle piccole cose, da quelle che ci colpiscono direttamente e ogni giorno. A partire dalla nostra capacità di essere misericordiosi e giusti, anziché vendicativi e dunque ingiusti come chi ci ha fatto del male, costruiremo un mondo nuovo. E questo è possibile: altrimenti Dio non ce l’avrebbe proposto, non ci avrebbe detto di farlo. Perché Dio non parla a vanvera.
Proprio il lavorare a partire dalle piccole cose è qualcosa che un Alpino conosce bene: onestà, laboriosità, impegno nella fatica… amore alla propria famiglia, dedizione al proprio Paese, promozione del bene comune… sono tutte virtù che un uomo di montagna e di fatica come un Alpino conosce bene e di cui stima il valore e l’importanza. Voi Alpini siete un esempio nel saper unire i valori antichi e sempre validi con ciò che però la realtà chiede di nuovo, di volta in volta. La Chiesa vi stima nel vostro essere esempio di disponibilità, di generosità là dove c’è bisogno di una mano (tante cose avete fatto e fate per la parrocchia, ad esempio… Ricordiamo l’alluvione del ’94, ma pure i lavori presso la casalpina di Brusson), dando esempio di valori civili e principî cristiani di cui tutta la società ha estrema necessità.
Maria, Madonna della neve e Regina delle cime, vegli sempre sugli Alpini e sulle vostre famiglie e porti pace e amore nelle vostre case e consolazione a chi piange qualche caduto (“caduto” è sempre chi ci lascia, anche non al fronte, per passare a miglior vita). Da parte mia, nipote – per via materna – e figlio di Alpini, sono orgoglioso di esserlo, di avere appreso da nonno e papà la via dell’onestà, del sacrificio nel lavoro ben fatto, della speranza nel bene e nella giustizia. Perciò non è il vice parroco che parla; non è il prete che parla; ma è l’uomo, è il cittadino italiano che dice: “Viva gli Alpini!”».