Divorziati e risposati: la Chiesa è anche la loro casa (4/5)
L’insegnamento del Magistero recente si è spesso soffermato sulla situazione di coloro che, interrotta la vita matrimoniale con il proprio coniuge sposato con rito cristiano, hanno contratto una nuova unione civile.
San Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica Familiaris consortio del 1981, ha indicato questi principi:
- ogni situazione va sottoposta ad attento discernimento da parte dei pastori in cura d’anime, perché non è possibile valutare tutto e tutti allo stesso modo;
- i fedeli che si trovano in questa situazione (divorziati e risposati con rito civile) devono essere aiutati con sollecita carità e appartengono alla vita della Chiesa come tutti gli altri;
- l’ammissione all’eucaristia non può tuttavia loro essere concessa, perché la loro condizione di vita contraddice la disponibilità a ritornare ad essere fedeli al matrimonio validamente celebrato, segno dell’unione indissolubile d’amore tra Cristo e la sua Chiesa;
- l’ammissione all’eucaristia indurrebbe in confusione tutti i fedeli circa l’indissolubilità del matrimonio e non è resa possibile dall’impossibilità di ricevere validamente il sacramento del Perdono, a meno che i due partner si lascino o, non potendosi lasciare per gravi motivi (come l’educazione dei figli), vivano in piena continenza come fratello e sorella.
Nel 1994, la Lettera della Congregazione per la dottrina della fede circa la recezione della comunione eucaristica da parte dei fedeli divorziati risposati ha confermato questa prassi e ha precisato che i credenti che si trovano in tale situazione non possono scegliere se fare o meno la comunione sulla base del loro giudizio di coscienza, perché questo sarebbe in aperto contrasto con la dottrina della Chiesa. Se ci sono dubbi circa la validità del matrimonio ecclesiastico celebrato, essi vanno verificati dalle autorità giudiziarie competenti.
La Lettera ribadisce che si deve fare con sollecita carità ogni sforzo per fortificare nell’amore di Cristo e della Chiesa questi fedeli, aiutandoli a comprendere che non sono discriminati, ma soltanto chiamati, come ogni cristiano, alla fedeltà alla volontà di Cristo circa l’indissolubilità del matrimonio.
Benedetto XVI, nell’esortazione Sacramentum caritatis del 2007, scongiura i pastori a dedicare speciale attenzione a queste persone, affinché coltivino uno stile di vita cristiano attraverso la partecipazione alla Santa Messa, pur senza ricevere la comunione, l’ascolto della Parola di Dio, l’adorazione eucaristica, la preghiera, la partecipazione alla vita della comunità cristiana, il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro di vita spirituale, la dedizione alla carità vissuta, le opere di penitenza, l’impegno educativo verso i figli.
Papa Benedetto ribadisce che, se non è possibile riscontrare la nullità del matrimonio contratto, sono possibili l’assoluzione e la comunione eucaristica se la coppia decide di vivere insieme come fratello e sorella.
L’ultimo Sinodo dei vescovi, nel 2012, ha precisato che il fallimento della comunione di vita matrimoniale non comporta il fallimento del matrimonio, che continua a sussitere in quanto sacramento, e ha raccomandato l’accoglienza, da parte delle comunità cristiane, nei confronti di quanti vivono in tali situazioni, affinché siano sostenuti in cammini di conversione e riconciliazione.
d. Mauro