Divorziati e risposati: la Chiesa è anche la loro casa (2/5)

La testimonianza della Scrittura circa il divorzio risale già all’Antico Testamento. Il dato biblico è però in questo caso duplice. Da una parte, Mosè stabilisce che un uomo può mandar via sua moglie dalla propria casa, se ella non trova più grazia ai suoi occhi (Dt 24,1-4). Dunque, il divorzio è considerato possibile. Tuttavia, dall’altra parte, la testimonianza dei profeti è contraria, come nel caso di Malachia: “Nessuno tradisca la donna della sua giovinezza […], la donna legata a te da un patto” (Mal 2,14-15).

Nel Nuovo Testamento, la parola fondante è quella di Gesù, che non usa mezzi termini ed è radicale: il Cristo stesso afferma che Mosè aveva consentito la prassi del ripudio a causa della durezza di cuore degli uomini, ma, come Dio “all’inizio della creazione li fece maschio e femmina […], i due diventeranno una carne sola […]. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mc 10,5-9; cfr. Mt 19,4-9; Lc 16,18). Tutti gli evangeli sinottici riportano questa affermazione di Gesù. Il patto che unisce i due sposi viene da Dio e non è sottoposto all’arbitrio degli uomini. San Paolo riprende precisamente l’insegnamento di Gesù: “Agli sposati ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito […] e il marito non ripudi la moglie”.

Grande importanza per la comprensione dell’indissolubilità del matrimonio celebrato validamente è il passo della Lettera agli Efesini, in cui S. Paolo scrive: “Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei […] Questo è un grande mistero; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” (Ef 5,25.32). Questo passo mostra come il matrimonio cristiano è un segno efficace dell’alleanza di Cristo e della Chiesa e manifesta proprio questa realtà: l’indissolubilità del matrimonio cristiano celebrato validamente è segno dell’indissolubilità del rapporto tra Cristo e la sua Chiesa.

d. Mauro

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