Tuo figlio soffre troppo? Uccidilo pure. Siamo in Belgio
Sapevamo già che la nostra Europa era gravemente malata; ma forse, fino a ieri, non avevamo capito fino a che punto lo fosse. Nel tardo pomeriggio di giovedì 13 febbraio, dal Belgio giunge una notizia attesa quanto terrificante: il Parlamento ha approvato definitivamente lo spaventoso disegno di legge che introduce l’eutanasia infantile. Non appena l’esito della votazione è stato espresso ufficialmente, è stata lanciata questa iniziativa (http://www.citizengo.org/it/4161-fermiamo-legge-sulleutanasia-infantile-belgio), per chiedere al re dei Belgi Filippo di rifiutarsi di firmare questa legge agghiacciante.
La legge prevede la possibilità dell’eutanasia per i bambini, in caso di malattia terminale o di sofferenza estrema. La decisione in merito potrà essere presa dal medico e dai genitori, ma il piccolo paziente dovrà essere cosciente di quanto sta per accadere. Come può un bambino decidere della propria morte, oltretutto con davanti agli occhi la disperazione dei suoi genitori causata dalla sua malattia?
Pochi giorni fa, alcuni autorevoli pediatri belgi hanno pubblicato una lettera in cui affermano l’inutilità della legge, dato che le cure palliative sono perfettamente in grado di alleviare il dolore di un paziente senza ucciderlo. Questa legge strumentalizza il dolore e la disperazione (in questo caso, dei genitori) per promuovere una inaccettabile concezione della società, in cui non tutti gli esseri umani sono degni di vivere, in cui gli individui “di serie B” stanno meglio da morti che da vivi, in cui chiunque rappresenti un costo economico e sociale troppo alto viene accompagnato verso la morte, anche se si tratta di un bambino.
Inoltre, negli ultimi mesi, sono stati proposti all’opinione pubblica belga sondaggi adulterati, in cui si poneva l’alternativa tra la sofferenza del bambino e l’eutanasia dimenticando l’esistenza delle cure palliative. Il risultato è stato che gran parte degli elettori si sono ingenuamente dichiarati d’accordo con questa legge mostruosa e che il parlamento, a pochi mesi dalle elezioni, ha deciso di accontentarli. Ma come si può pensare che un bambino che soffre abbia bisogno di morire, anziché dell’affetto della propria famiglia?
Nelle scorse settimane i maggiori leader religiosi del Paese hanno sottoscritto un appello condiviso, in cui si chiedeva di fermare questo provvedimento legislativo abominevole. Allo stesso modo, durante l’ultima sessione plenaria dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (tenutasi l’ultima settimana di gennaio), è stata redatta una dichiarazione scritta che dichiara l’incompatibilità di questa legge con la Carta dei diritti del fanciullo, dichiarazione firmata da moltissimi deputati provenienti dai vari partiti. Queste misure sono purtroppo state inutili: il parlamento belga ha comunque approvato la legge.
L’ultima possibilità ancora in vita per fermare questo scempio è che il sovrano belga Filippo si rifiuti di firmare la legge, come fece suo zio Baldovino nel 1990 davanti alla liberalizzazione dell’aborto. Le possibilità che re Filippo decida di non firmare sono molto remote, e una presa di posizione del genere rappresenterebbe un episodio molto doloroso per la nazione belga. Ma non possiamo rinunciare a quest’ultima occasione, anche se difficilissima e piena di ostacoli. Certamente queste ore sono dolorosissime soprattutto per il re Filippo: non lasciamolo solo in questo momento tragico e dimostriamogli che un suo eventuale atto di coraggio in nome della pari dignità di tutti gli esseri umani è sostenuto e apprezzato da centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo.
È possibile firmare questa petizione di CitizenGO (http://www.citizengo.org/it/4161-fermiamo-legge-sulleutanasia-infantile-belgio): tutte le firme raccolte nei prossimi giorni saranno messe a disposizione di alcuni amici intimi del sovrano, i quali gliele consegneranno e gli trasmetteranno la nostra richiesta di non firmare questa legge oscena. Di conseguenza, invitiamo chi ha già sottoscritto l’iniziativa precedente a firmare e diffondere a maggior ragione anche questa.
Solo un’ultima cosa: non pensiamo che questa battaglia non ci riguardi, che coinvolga una nazione lontana da noi geograficamente e culturalmente. Anni fa, si diceva lo stesso di altri provvedimenti provenienti da quelle parti in materia di ideologia gender, distruzione della famiglia ed educazione sessuale, e ora questi problemi sono alle porte (o peggio) anche da noi. Che ci piaccia o no, nel nostro tempo le battaglie sui valori vanno combattute su un fronte più ampio rispetto a quello nazionale, e non possiamo proprio rimanere indifferenti di fronte ad orrori come questo, che purtroppo rischiano di anticipare ciò che accadrà nella nostra società di qui a pochi anni.
(Segnalata da Giulia Romano su CitizenGO)