Privilegi fiscali della Chiesa? Panzane. E piuttosto Radicali.

Dall’ultima decade di agosto circola voce che la Chiesa italiana goda di privilegi fiscali iniqui. Se avete seguito la vicenda sui giornali, sappiate che siete disinformati. A partire da «la Repubblica», seguita a ruota da «La Stampa» e dal «Corriere della Sera» vi sono state raccontate un sacco di panzane. Riprese puntualmente dai social networks, in particolare Facebook, con il solito tam-tam di gruppi e catene di messaggi da parte degli “indignati” di turno. Ebbene, sono tutti quanti un tantino ideologici. E spacciano per verità quello che vogliono far credere agli altri. E che, per il semplice fatto di essere sbandierato da molti, non per questo diventa verità. La verità non è un prodotto dell’accordo della maggioranza delle opionioni. Con buona pace di chi ne è invece convinto.

 

IL FATTO… ARTEFATTO!

La questione è la seguente: molte proprietà ecclesiastiche italiane sono esentate dall’Ici (l’imposta comunale sugli immobili) e dall’Ires (l’imposta sul reddito delle società). Si tratta di case di cura, scuole, conventi, parrocchie, chiese non parrocchiali, case generalizie degli Ordini religiosi, missioni, collegi, case di riposo, oratori, confraternite, ospizi di vario genere… A leggere i giornali e le parole di Beppe Severgnini, Aldo Cazzullo, Massimo Teodori, Alberto Melloni noi cattolici saremmo i primi evasori del fisco italiano. Dei veri ladri a danno dello Stato. Ma non è così.

 

IL FATTO… REALE!

La legge italiana (D.L. 504 del 30/12/1992) esonera dal versamento dell’Ici gli immobili nei quali operano enti non commerciali che svolgono esclusivamente «attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive», nonché di religione e di culto (art. 126/a Legge 222 del 20/5/1985). Quindi: sono esenti gli immobili che contemporaneamente soddisfano la condizione di essere utilizzati da enti non commerciali e di essere destinati totalmente all’esercizio esclusivo di una o più delle attività indicate. Pertanto, se in un’unità immobiliare si svolge un’attività che invece non figura tra quelle indicate, tutto l’immobile perde l’esenzione. I furbastri sostengono che basta aprire una cappellina in una proprietà adibita a scopi commerciali e l’esenzione è ottenuta. Falso. E chi lo sostiene mente sapendo di mentire. Bravo!

Ma la parte più interessante della faccenda è la seguente: fra gli enti non commerciali esenti da Ici, a norma di legge e dell’elenco succitato, risultano ovviamente anche una frotta di soggetti del mondo non profit! Si tratta di associazioni sportive dilettantistiche e di promozione sociale, organizzazioni di volontariato e onlus, fondazioni e pro loco, organizzazioni non governative, enti pubblici territoriali, aziende sanitarie, istituti previdenziali… Tutte queste realtà, là dove svolgono esclusivamente attività non commerciali, non pagano l’Ici. Giusto? Certo che sì! Altrimenti sarebbe soffocato tutto l’aggregazionismo, l’associazionismo, il volontariato, l’assistenza sanitaria italiani… Giusto che sia così. Però, una domanda sorge spontanea: ma perché ammazzare tutto ciò che appartiene a questa sfera ma è cattolico? La risposta è evidente: perché è cattolico. E altrettanto è evidente come si tratti di falsamento ideologico anziché di verità.

Sul fronte Ires, stessa solfa. Dall’Imposta sui redditi delle persone giuridiche sono esenti innumerevoli enti non profit nei campi della sanità, cultura, educazione, fra cui ad esempio gli istituti autonomi per le case popolari… e dunque anche le istituzioni ecclesiastiche. Come mai solo quelle di “marca” cattolica dovrebbero perdere l’esenzione? Osservazione già fatta poc’anzi a proposito dell’unica risposta possibile.

 

IL FATTO… CHE NON LASCIA NESSUNO STUPEFATTO!

Qualcuno ha scritto che gli italiani si vedono offrire l’immagine di «una vasta area grigia in cui i vantaggi economici finiscono per giovare ad attività volte al profitto, in concorrenza con quelle di normali contribuenti italiani». Ah ah! Gente, c’è da sbellicarsi dalle risate. Ma da farlo per non piangere amaremente guardando a come qualcuno vuole prendere in giro ogni evidenza reale con i suoi preconcetti ideologici. Già, perché in tutte le mense dei poveri cattoliche, a cui bussano ogni giorno centinaia di migliaia di persone per trovare qualcosa da mangiare o da vestire, si lucrano guadagni da favola. Nelle caritas parrocchiali, con l’Ici non pagata si accumulano fior di quattrini. Nei monasteri come quello di Chiaravalle alle porte di Milano si paga l’ospitalità a cinque stelle a 300 euro a botta (così è stato scritto), mentre nella realtà, in quel luogo, si può trovare ospitalità in una dimessa celletta e consumare tre pasti frugali con un offerta di 40 euro al giorno, che però, se non li si ha, si può anche non versarli. Questo lo sa chiunque sia stato ospite di un monastero. Come chiunque abbia frequentato una scuola affidata alle suore sa di cosa parla. E altrettanto fa chi è stato in un ospedale cattolico. E via discorrendo, con milioni di esempi possibili. Tutte verità irrefutabili e provenienti dall’esperienza. Senza, per l’amor del cielo, nulla togliere agli enti non cattolici. Ma per favore, almeno sia possibile anche il contrario: senza nulla togliere agli enti cattolici. A meno che amiate la menzogna e stiate agli sporchi giochi dei poteri occulti.

d. Mauro

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