Con la ristrutturazione di un fabbricato del Tetto Nuovo, sul muro volto a levante è stata ricavata una nicchia e sul fondo di essa è stata dipinta un’immagine di Santa Caterina da Alessandria, santa e martire. Di stirpe regale, Caterina nacque ad Alessandria nel 287 e fu martirizzata nel 305. Molto tempo dopo, tra storia e leggenda, fu scritta la sua passione. Ebbe inizio quando giunto ad Alessandria, il governatore Massimino ordinò a tutti i sudditi di immolare tori e uccelli agli dèi. Caterina diciottenne egiziana, incitò i cristiani a resistere e pubblicamente esortò l’imperatore a conoscere il Dio creatore del mondo.
Oggi molte chiese sono dedicate a questa santa, e molti dipinti di autori famosi riportano momenti del suo supplizio. L’iconografia la rappresenta a volte con abiti regali e con la corona in testa o tra le due ruote appuntite. I suoi attributi sono la palma, la ruota con punte, il libro a indicare la sua sapienza, la spada causa della sua morte.
E’ invocata come patrona dai filosofi, dagli scolari e studenti di teologia, dai prigionieri, dai costruttori di ruote e dalle ragazze da marito. In Francia e poi in Italia, è stata assunta come patrona dalle giovani apprendiste sarte e modiste, le quali da allora furono denominate “caterinette” ed hanno ancora oggi la loro celebre festa. La Chiesa Romana la ricorda il 25 novembre.
Da noi, un tempo si cessava di portare le mucche al pascolo verso la fine di novembre e si diceva appunto: “a Santa Catli’na-stala la buci’na”. Vale a dire che attorno a quella data le mucche iniziavano a stare nella stalla per trascorrere l’inverno. I nomi di santi ricorrevano sovente nei detti e proverbi popolari. Era anche un modo per ricordarli.
Carlo Smeriglio